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Così egli lasciò tutti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non gli domandava conto di nulla, se non del cibo che mangiava. Ora Giuseppe era bello di forma e avvenente di aspetto. (Genesi 39, 6)
Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: «Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi. (Genesi 39, 8)
E, benché ogni giorno essa ne parlasse a Giuseppe, egli non acconsentì di unirsi, di darsi a lei. (Genesi 39, 10)
Ora un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro, mentre non c'era nessuno dei domestici. (Genesi 39, 11)
Essa lo afferrò per la veste, dicendo: «Unisciti a me!». Ma egli le lasciò tra le mani la veste, fuggì e uscì. (Genesi 39, 12)
Allora essa, vedendo ch'egli le aveva lasciato tra le mani la veste ed era fuggito fuori, (Genesi 39, 13)
Egli, appena ha sentito che alzavo la voce e chiamavo, ha lasciato la veste accanto a me, è fuggito ed è uscito». (Genesi 39, 15)
Il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise nella prigione, dove erano detenuti i carcerati del re. Così egli rimase là in prigione. (Genesi 39, 20)
Il comandante della prigione non si prendeva cura più di nulla di quanto gli era affidato, perché il Signore era con lui e quello che egli faceva il Signore faceva riuscire. (Genesi 39, 23)
Appunto al terzo giorno - era il giorno natalizio del faraone - egli fece un banchetto a tutti i suoi ministri e allora sollevò la testa del capo dei coppieri e la testa del capo dei panettieri in mezzo ai suoi ministri. (Genesi 40, 20)
Ora era là con noi un giovane ebreo, schiavo del capo delle guardie; noi gli raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò, dando a ciascuno spiegazione del suo sogno. (Genesi 41, 12)
Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo ed egli si rase, si cambiò gli abiti e si presentò al faraone. (Genesi 41, 14)