Giobbe, 7
12. Son io forse il mare oppure un mostro marino, perché tu mi metta accanto una guardia?
12. Son io forse il mare oppure un mostro marino, perché tu mi metta accanto una guardia?
Giobbe 7 è un capitolo in cui il lavoro continua a rimpiangere la sua situazione, esprimendo la sua disperazione per il dolore fisico ed emotivo che sta affrontando. Mette in discussione la ragione della sua esistenza e chiede a Dio di lasciarlo in pace. Di seguito sono riportati cinque versi relativi agli argomenti trattati in questo capitolo:
Salmo 6:6: "Sono stanco di gemere così tanto; ogni notte nuoto il mio letto in lacrime; mi alzo il letto." Questo verso parla della stanchezza emotiva e fisica che il lavoro sta provando, con le sue lacrime che le inondano il letto ogni notte.
Salmo 13:2: "Quanto tempo, Signore? Mi dimentichi per sempre? Come Giobbe, il salmista si sente dimenticato da Dio e si chiede per quanto tempo dovrà ancora sopportare il dolore.
Salmo 22:1-2: "Dio, mio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? Perché sei lontano dall'aiutare me e le parole dei miei malati? Non ho pace." Questo salmo inizia con un grido di disperazione e abbandono, che riflette il dolore e la solitudine che il lavoro sta vivendo.
Salmo 38:6: "Sono curvo, sono molto accorto, mi dispiace per tutto il giorno." Questo verso descrive le condizioni fisiche di Giobbe, che è curva e detratta dal dolore.
Salmo 88:14: "Perché il Signore rifiuta la mia anima? Perché ti nascondi la faccia da me?" Il salmista si sente abbandonato da Dio e domande sul perché Dio nasconda la sua faccia. Questo sentimento è condiviso da Giobbe, che sente che Dio lo ha respinto e abbandonato.
“Mesmo a menor transgressão às leis de Deus será levada em conta.” São Padre Pio de Pietrelcina