Giobbe, 7

La Sacra Bibbia (Versione CEI 1974)

12 Son io forse il mare oppure un mostro marino, perché tu mi metta accanto una guardia?




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Giobbe 7 è un capitolo in cui il lavoro continua a rimpiangere la sua situazione, esprimendo la sua disperazione per il dolore fisico ed emotivo che sta affrontando. Mette in discussione la ragione della sua esistenza e chiede a Dio di lasciarlo in pace. Di seguito sono riportati cinque versi relativi agli argomenti trattati in questo capitolo:

Salmo 6:6: "Sono stanco di gemere così tanto; ogni notte nuoto il mio letto in lacrime; mi alzo il letto." Questo verso parla della stanchezza emotiva e fisica che il lavoro sta provando, con le sue lacrime che le inondano il letto ogni notte.

Salmo 13:2: "Quanto tempo, Signore? Mi dimentichi per sempre? Come Giobbe, il salmista si sente dimenticato da Dio e si chiede per quanto tempo dovrà ancora sopportare il dolore.

Salmo 22:1-2: "Dio, mio, mio ​​Dio, perché mi hai abbandonato? Perché sei lontano dall'aiutare me e le parole dei miei malati? Non ho pace." Questo salmo inizia con un grido di disperazione e abbandono, che riflette il dolore e la solitudine che il lavoro sta vivendo.

Salmo 38:6: "Sono curvo, sono molto accorto, mi dispiace per tutto il giorno." Questo verso descrive le condizioni fisiche di Giobbe, che è curva e detratta dal dolore.

Salmo 88:14: "Perché il Signore rifiuta la mia anima? Perché ti nascondi la faccia da me?" Il salmista si sente abbandonato da Dio e domande sul perché Dio nasconda la sua faccia. Questo sentimento è condiviso da Giobbe, che sente che Dio lo ha respinto e abbandonato.


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